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DOPO LA GUERRA
RITORNO IN ITALIA

Le vicende belliche, per Franccsconi, si chiudono il 31 ottobre del 1943, dopo un avventuroso viaggio in mare iniziato in Albania due settimane prima.

Il rientro in Italia non significa ritomo alla tranquillità.

Nell'agosto del '44, secondo le memorie in nostro possesso, è sfollato con la famiglia a Valdicastello, a nord di Viareggio, vicino Pietrasanta; il 24 agosto, dodici giorni dopo l'eccidio di S.Anna di Stazzema, viene rastrellato assieme al figlio Franco e portato al centro profughi di Bologna, con un trasferimento che comprese lunghe tappe a piedi sull'Appennino.

Anche qui, nella città felsinea, realizza alcune piccole sculture con estrema cura ed attenzione. Non posso usare, in questo caso, il termine "terrecotte" perché le opere restavano allo stato argilloso e si sarebbero asciugate naturalmente, non potendo disporre l'artista del forno di cottura.

Dai ricordi del figlio Franco, comunque, si apprende di una emblematica vicenda: Giulio era intento a portare a termine un lavoro in argilla per il quale stava predisponendo una copertura con un panno umido, al fine di evitare fratture alla massa plastica. Un soldato tedesco sollecitava l'operazione con un fare piuttosto deciso, minacciando Francesconi con un fucile mitragliatore; l'artista, rivolgendosi al militare fece capire che avrebbe condotto a termine la operazione nel tempo necessario, senza sottostare a pressioni di sorta. L'episodio si concluse secondo le attese dell'artista viareggino: il soldato tedesco non sparò e la statuina in terracotta, ancora umida, uscì indenne dall'episodio... insieme a Francesconi ed al figlio !

Rilasciato dai tedeschi, a Bologna, va a trovare lo scultore Rambelli con il quale, come già detto, aveva intessuto una sincera amicizia al tempo della sua collaborazione con Viani.

La sosta nella città felsinea riaccende l'animo artistico di Francesconi, il quale, nel febbraio del 1945, partecipa alla mostra degli artisti profughi insieme a Franco "che, per quanto ragazzo, fece molti acquarelli degli aspetti più dolorosi della vita nel campo di concentramento". I collezionisti bolognesi apprezzarono il lavoro di entrambi ed acquistarono diverse opere.

L'anno seguente, tornato a Viareggio, si impegna come decoratore ma il lavoro scarseggia; un giorno, come emerge dalle varie memorie raccolte, "non si sa più nulla di lui; va a Roma, a Vignanello, a Chieti".

In quest'ultima città si trattiene ancora per due anni, dal 1948 al 1949 circa, per dirigere un laboratorio di ceramica insieme con il Prof. Giuseppe D'Angelo ed insegnare in alcuni corsi per apprendisti.

Anche da Chieti, come era solito fare, parte senza ragioni apparenti, e raggiunge Vasanello, attratto dalla tradizione ceramica radicata da tempo nel paese.

Da qui in poi, cari amici vasanellesi, la storia umana di Francesconi è meglio nota a voi che a me, ed è alla vostra memoria che riservo, con rispetto, i ricordi di vita.

Lascio per me l'analisi del percorso artistico dello scultore a Vasanello; non è impegno da poco, vi assicuro, dato che questa sua ultima parentesi artistica riserva le sorprese migliori, mossa da profondi sconvolgimenti stilistici, addebitabili alle nuove correnti dell'arte italiana ed alla sensibilità sempre più sottile del nostro artista.

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