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PARIGI E LA FRANCIA

E così, il 7 novembre 1922, un martedì piovoso e freddo, alle cinque del mattino, Francesconi parte per la Francia insieme a Zelinda, la giovane appena sposata, ricordata in alcune memorie come Linda.

La presenza della consorte, buona conoscitrice della lingua francese, si rivelerà molto utile nella nuova realtà geografica.

Durante la permanenza francese Giulio frequenta lo studio di Umberto Brunelleschi, pittore toscano e scenografo, ben inserito nel cosmopolitismo artistico della capitale d'oltralpe; da questi assimila il gusto per l'orientalismo ed il fiabesco, che ritroveremo intatti nella produzione albanese del nostro scultore.

Altra conoscenza significativa si rivela Giulio Toffoli, un artista triestino emigrato a Parigi sin dal 1913, esperto nella grafica pubblicitaria e nella decorazione di vetrate. Anche da lui Francesconi assimila concetti e principi tecnici; la netta stilizzazione, il prevalere della linea di contorno e la forte definizione del movimento.

Tramite Toffoli è probabile che Francesconi possa aver conosciuto il pensiero artistico ed i dettami tecnici di Modigliani, deceduto nel 1920 prima dell'arrivo del viareggino a Parigi, e di Brancusi, Severini e  Campigli, frequentati dall'artista triestino insieme a Braque, uno dei maggiori precursori ed artefici della avanguardia figurativa.

Da tutti questi artisti Francesconi assorbe il nuovo messaggio, pur rimanendo sempre vicino alla realtà naturale, la quale, anche se pervasa da chiare presenze simboliche, gli appare comunque permeata di ricordi classici ed estranea ad orientamenti troppo radicali. Nell'opera del nostro artista, infatti, si può cogliere in forme emblematiche l'amore per la scultura antica, pervasa dalle reminiscenze arcaiche che affondano le radici nelle culture della civiltà italica in genere e, in particolare, in quella etrusca.

A Parigi Giulio frequenta i consessi aristici ed afferma, nelle note autobiografiche, di "aver partecipato al Salone d'Autunno ed a quello degli Indipendenti", oltre ad aver "preso parte all'Esposizione Internazionale del 1925"

Di queste esperienze, allo stato attuale delle ricerche, non ho trovato tracce documentarie, così come non ho avuto riscontro, nell'autobiografia, della partecipazione con Picasso ad esposizioni comuni; considerando comunque i cinque anni di permanenza nella capitale francese, non è da escludere la conoscenza, da parte di Francesconi, delle personalità artistiche di maggior spicco presenti nel contesto parigino.

La produzione francese, che conosciamo da foto lasciateci dallo stesso autore, anche se non copiosa, è molto significativa e l'artista dimostra di aver assorbito gli ultimi dettami dell'ambiente parigino, caratterizzati da purezza formale e penetrazione psicologica.

Alle snelle statuine in terracotta, emblematici richiami all'amore per la ceramica ed il modellaggio, c'è da aggiungere il Ritratto di Calvin Coolidge, presidente degli Stati Uniti dal 1923 al 1929 (Fig. 3 e 4). L'opera,  testimoniata da alcune foto e molto rispondente al modello, appare improntata al massimo rigore formale, i piani evidenziano ampie superfici, fornendo assonanze futuriste, mentre i nitidi tratti del volto e la spaziosità della fronte esaltano lo spirito logico e riflessivo dello statista.

Non conosciamo il destino di questa opera, ma ho ritenuto opportuno inserirla nella documentazione per la notorietà del personaggio ritratto e la qualità stilistica del lavoro.

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Fig. 3 - Francesconi   Mentre Esegue
il Ritratto di Calvin Coolodge
Presidente degli Stati Uniti - 1922-23
(Terracotta - Foto)

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Fig. 4 - Ritratto di Calvin Coolidge
Presidente degli Stati Uniti - 1922-23
(Terracotta - Foto)
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Mentre si trova a parigi, Francesconi, nei ricordi autobiografici, annota di aver eseguito "un Cristo  al naturale in legno, per la Cattedrale di Rouen, andato distrutto nell'incendio della chiesa durante l'ultima guerra".

Si tratterebbe, in effetti, della prima opera religiosa a carattere pubblico; del lavoro non ho trovato ancora il riscontro documentario, reso precario, d'altra parte, dal destino che l'opera subì nel secondo conflitto mondiale.

Nei primi mesi del 1928 Francesconi lascia Parigi, creando un precedente a quella che sarà una costante nella sua vita: l'idiosincrasia per le città.

La vita nei grandi centri, infatti, lo vedrà sempre in grandi difficoltà psicologiche ed economiche: dopo Parigi il problema si proporrà per Milano e per Roma, ad esempio, mentre profondamente diversa sarà la permanenza nei piccoli centri.

Con questo spirito e con la speranza di trovare una migliore sistemazione, lascia Parigi e si dirige verso la Normandia, dove aveva avuto notizia di alcune iniziative legate al mondo della maiolica.

Francesconi e la moglie raggiungono la vicina Oissel, sulla Senna, dove esisteva, appunto, una fabbrica  di ceramiche; Giulio vi lavora per alcuni mesi, prima di tornare a Parigi.

Della produzione in Normandia restano due documentazioni fotografiche (Fig. 5 e 6), entrambi riproducenti La professoressa di piano.

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Fig. 5 - La Professoressa di Piano (a) - Donna che Legge (b) 1922-23
(Terrecotte - Foto)

Sono due opere in terracotta, molto diverse tra loro: la prima raffigura l'insegnante seduta al piano, di fronte ad una piccola rappresentazione di Donna che legge, e rientra nella più classica tradizione realistica: traspare il lavoro frenetico delle dita, con le quali lo scultore eseguiva la prima parte del lavoro, prima di passare alla stecca, lo strumento che prediligeva insieme allo steccone.

La seconda opera riproduce il volto della docente e si colloca nel filone delle precedenti epserienze ritrattistiche, pulite nel tratto ed incanalate nel ritorno all'ordine dopo la crisi delle avanguardie.

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Fig. 6 - Ritratto della Professoressa di Piano 1922-23
(Terracotta - Foto)

Dalle notizie che la moglie Zelinda ha lasciato, si apprende che Francesconi, in Normandia, lavorò per una fabbrica di ceramica, per la quale preparò tre lavori, da riprodurre, probabilmente, in serie.

Tali opere si potrebbero forse avvicinare, nel genere, al gruppo che ritrae la pianista e la lettrice, e non è remota l'ipotesi che una delle copie eseguite possa emergere, prima o poi, dal mercato antiquario.

Dopo la sosta ad Oissel, Francesconi e la moglie tornano per breve tempo a Parigi, progettando il ritorno in Italia, reso economicamente possibile dal lavoro svolto in Normandia.

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