Un Prestito

Un prestito

Molti sono i ricordi legati alla mia vita con don Mario che, custoditi come sono gelosamente in fondo al cuore, mi riesce però difficile riferire.

Intanto di "zi Prete", perchè era così che noi bambini e quindi uomini lo chiamavamo, l'elogio più grande che possa fare è quello di essere stato un prete "normale", con i suoi difetti, i suoi pregi, le sue piccole manie, le sue paure, il suo voler bene alla gente, specialmente ai ragazzi, tant'è che il suo secondo nome era don Bosco.

Faceva tutto normalmente, senza aureole di santità, ma con umana onestà che, chi come me gli è stato vicino per trent'anni, litigando e riappacificandoci ogni giorno, ha avuto modo di apprezzare e rimpiangere
poi.

Tra quelli esternabili, un episodio particolarmente significativo e che ricordo bene risale al suo periodo iniziale in cui si dovette misurare con mons. Mariani.

Un giorno mi portò dal vecchio sacerdote intenzionato a chiedergli un prestito per l'acquisto di una macchina da scrivere; io ero ancora bambino e forse per trovare lo stimolo necessario aveva solo bisogno di un po' di compagnia.

Anche lui, giovane prete al cospetto di un Monsignore, a volte non molto espansivo, si sentiva un po' a disagio e non nascondeva qualche timore.

Monsignore accordò il prestito per quella che chiamò una "diavoleria moderna", ma gli intimò di essere puntuale nella restituzione di quanto anticipato.

Dopo circa un mese, "zi Prete" venne a scuola e mi portò di nuovo con lui per pagare la prima rata del prestito.

Il sacerdote però rifiutò i soldi dicendo "sei stato di parola, non voglio più niente !".

Usciti che fummo dalla casa del prete, dandomi un pizzicotto sulla guancia (di quelli che ti sollevavano da terra e che dava anche per esternare la sua contentezza), disse "ringraziamo Dio, quei soldi me li ero fatti prestare da mia madre !".

Poi ci fermammo nella gelateria di Checchino in via Roma per un gelato da dieci lire.

Anche lui lo gustò con piacere, aggiungendo "ce lo siamo meritato!". Non ho mai capito quale merito io avessi avuto nella cosa.

Forse la mia semplice presenza lo aveva incoraggiato per cercare di acquisire uno strumento che considerava indispensabile per l'esercizio del suo ministero.

Ricordo con particolare tristezza quando mi recai da lui malato in ospedale; nel momento in cui si parlò di passare ancora qualche bella serata insieme per ricordare i bei momenti trascorsi, nelle sue parole traspariva comunque la consapevolezza del "dopo".

Vorrei poter risentire ancora la sua voce, quando, nelle calde sere d'estate, dopo lunghe ed accese discussioni, intorno al tavolo di un bar, si congedava da noi, già sposati e padri, con il suo solito e caloroso: "Buonanotte ragazzi !".

Buonanotte "zi Pre'", senza di te ci sentiamo un po' più soli !

Piero Filesi

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