La Glorificazione

Nel 1628 il nascondimento di S. Lanno nell'oscuro loculo delle mura castellane aveva termine.

Il 19 Gennaio una deputazione si recava presso il vescovo Mons. Angelo Gozzadini chiedendo a nome della Comunità di Vasanello, la concessione di esplorare il sepolcro del Martire. La concessione fu accordata.

Dopo una prima esplorazione segreta, il 25 marzo si procedette, alla presenza del Vicario Generale di Orte, dei rispettivi Parroci di S. Maria e di S. Salvatore e di altri, alla demolizione del tumulo. Emerse un loculo lungo m. 1,80 coperto da due lastre di travertino sostenute da pietre di peperino e tufo. Sotto alle lastre fu trovato un pilastro di travertino ben lavorato alto circa due metri, che reca, scolpita nel mezzo, una colonna sormontata da una croce greca. Sopra il loculo, collocato alla rinfusa, del materiale di spoglio che doveva appartenere al primitivo monumento del Martire nella Basilica cristiana di S. Maria, poi incendiata. Nell'interno del loculo, meravigliosamente lavorato, furono rinvenute, con comprensibile commozione, le ossa di un corpo umano la cui lunghezza misurava m. 1,69. Tutto ciò risulta, in forma solenne, dagli Atti dell'Invenzione del corpo del corpo di S. Lanno. Abbiamo già detto come sia risultato all'esame medico di un frammento di tali ossa che esse appartennero ad un giovane dell'età approssimativa di 15 o 16 anni.

In quel 25 marzo non venne in luce ciò che avrebbe definitivamente avvalorato l'autenticità del corpo di S. Lanno, cioè la epigrafe mortuaria che sarebbe stata scoperta pochi giorni dopo, ma il Santo provvide personalmente a ratificare dal ciclo con due miracoli evidenti il ritrovamento del suo corpo perché la gioia dei suoi fedeli fosse completa.

Verso il tramonto un giovane di 16 anni, Fuccellara Lanno, avendo appreso che era stato ritrovato il corpo del suo Santo protettore, si recò al sepolcro con vivissima fede: impedito da circa sette anni nei movimenti a causa di una gamba e di una mano rattrappite, poteva muoversi solo sostenuto dalle grucce. Inginocchiatesi sul sepolcro, si unse con l'olio della lampada che ivi ardeva, quindi cominciò a supplicare il Santo di restituirgli la sanità, se tale era il volere di Dio. Sorrise certo il giovane Martire alla candida fede di quel suo coetaneo che gli era stato affidato particolarmente fin dalla nascita, e la sua preghiera salì al trono di Dio ottenendo il miracolo. Lanno si sentì interiormente ispirato a rialzarsi senza l'aiuto delle grucce: si levò in piedi e perfettamente risanato raggiunse la Chiesa di S. Maria dove pose sull'altare le grucce fra la commozione irrefrenabile del popolo che gridava al Miracolo. Il giovane miracolato avrebbe deposto lui stesso l'accaduto al Vicario Generale di Orte. Dopo pochi giorni il secondo miracolo: una donna di 60 anni, Diamante Gentili, storpia da oltre un decennio, si era recata, appoggiata alle grucce, al sepolcro di S. Lanno. Certamente la notizia diffusasi rapidamente della miracolosa guarigione avvenuta doveva aver destato in lei la speranza di un altro intervento celeste da parte del Protettore di Vasanello. Rimase a pregare sulla sua tomba quasi tutta la giornata versando lacrime abbondanti: una fede così perseverante non poteva restare senza risposta ! Verso sera, completamente guarita, potè tornare a casa sua senza più l'aiuto delle grucce rimaste sul luogo del miracolo in segno di profonda riconoscenza.

Non è difficile immaginare quale clima di entusiastico fervore dovettero creare questi avvenimenti, chiaramente soprannaturali, nella terra di Vasanello che si vedeva così ricompensata di un culto ininterrotto e plurisecolare. Ma un ultimo episodio doveva ancora coronare i precedenti avvenimenti.

Il 30 marzo Pietro Fabiani, sacrestano della Confraternita di S. Lanno, si era recato all'ora di Compieta al sepolcro del Santo per rifornire la lampada ad olio. Aveva con sé la figlia Francesca, una bambina di tre anni, la quale come tutti i ragazzini del mondo s'era messa a frugare tra i calcinacci rimasti in terra dopo la recentissima apertura del tumulo. Il babbo si avvide allora che aveva in mano un pezzo di mattone dove erano parzialmente incise delle lettere che non riuscì a decifrare. Provvidenzialmente il buon uomo, nonostante la sua semplicità, intuì che potesse trattarsi di qualcosa d'importante e senza indugi si portò dal Vicario Generale di Orte al quale dichiarato l'accaduto consegnò il frammento di mattone. Ciò spinse ad un ulteriore e più attento sopraluogo del sepolcro: lì furono rinvenuti, attaccati ad un mosaico contenuto nel loculo, altri quattro frammenti dell'epigrafe laterizia. Staccati questi frammenti dal mosaico e ricomposti, insieme al primo rinvenuto dalla piccola Francesca, emerse il seguente inciso: LANNUS XPI MARTIR HIC REQUIESIT SUB DIOCLETIANO PASSUS In un piccolo rettangolo scavato in fondo all'epigrafe si leggono tre misteriose lettere E.P.S. che per mancanza di spazio costituiscono quasi una interpolazione alla scritta superiore e sul cui significato invano ci si è sbizzarriti per arrivare ad interpretarle. Ma evidentemente, a parte questa piccola zona d'ombra, si trattava di un rinvenimento di eccezionale importanza: la piccola terracotta, che risale probabilmente al IX secolo, è la conferma irrefragabile della presenza del Martire S. Lanno nell'occulto loculo delle mura castellane, nonché della cura amorosa di chi ve lo rinchiuse perché un giorno, tornata la quiete, potesse essere identificato senza difficoltà. L'incisione irregolare e affrettata rivela non un qualcosa di studiato o di artistico ma la precisa intenzione di chi graffi con mano semplice il nome del Martire, nella sua dizione dialettale, Lannus, prima che il corpo del Martire venisse sottratto all'incalzare delle turbe Saracene. Questa preziosa epigrafe avrebbe potuto andar distrutta nella demolizione del sepolcro o anche passare forse inosservata, ma il Signore vegliava sulla gloria di questo suo figlio prediletto che troppo a lungo era rimasto nell'oblio del sepolcro. Ora era giunto il momento di glorificarlo.

Il 29 marzo 1628, per ordine del Vescovo Mons. Gozzadini si apriva il Processo Diocesano sul culto e i miracoli del Santo, ma sarebbe troppo lungo volerli qui elencare, anche soltanto in parte. Il 23 marzo 1630 la Sacra Congregazione dei Riti concedeva che il corpo del Martire fosse solennemente trasportato per le vie del paese: era il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa dell'autenticità dei miracoli ottenuti e quindi della possibilità di una pubblica venerazione da parte dei Fedeli. Fu una esplosione di gioia !

Tuttavia soltanto nel 1634, la Domenica 7 maggio, fu possibile realizzare l'evento attesissimo. Era stato difatti necessario preparare, a fianco della Chiesa di S. Maria un luogo adatto per la solenne deposizione del Corpo del Martire. Dopo la Messa Pontificale celebrata da S.E. Mons. Angelo Gozzadini si snodava attraverso il paese la solenne processione. Il Vescovo assunse, insieme con i canonici di Orte e di Vasanello, l'onore di portare il S. Corpo, mentre le aste del baldacchino erano rette dai Principi Colonna e dai Priori della Comunità.

Ancora una volta Maggio splendeva in una gloria di luce e di colore e il piccolo Cavaliere di Cristo scortato da una folla osannante, attraversava la terra del suo Martirio per essere esposto solennemente alla venerazione dei fedeli nella Chiesa di S. Maria. Al mistero doloroso della morte si sostituiva già, quasi preludio della futura resurrezione, il trionfo della glorificazione. Il chicco di frumento affondato coraggiosamente nella bruna terra di Vasanello in quel lontanissimo Maggio del 296 oggi si era convertito in uno splendido fascio di spighe che cantavano la gloria del Signore.

«Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.
Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.
Nell'andare se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni» (Sal. 125).

E veramente il cuore di tutti era colmo di gioia che si esternava nel canto trionfale del Te Deum ! Le campane lanciavano lontano il tripudio dei loro rintocchi, ripetendo con voce d'eternità il loro messaggio di adorazione e di lode. Quel giorno il Cielo sembrò tanto vicino alla terra o meglio la terra si mutò in un pezzetto di cielo. Nel cuore di tutti c'era potente il desiderio di essere migliori, di rendersi più degni di quella Fede cristiana impreziosita da schiere di Santi e di Martiri, di Vergini e di Confessori, di Monaci e di Credenti ! La morte dei giusti appariva qual è: il sereno passaggio alla Casa del Padre, per essere per sempre con Cristo.

Giunti in chiesa, Mons. Gozzadini tenne una commossa Omelia fra l'entusiasmo frenato a stento del popolo.

Poi l'incenso avvolse con le sue volute il Sacro Corpo che finalmente scendeva a riposare sotto l'Altare nella pace di S. Maria. Nel 1926 esso sarebbe stato traslato nella Cripta per attendervi in pace l'Angelo della Resurrezione.

In ricordo di questa solennissima traslazione rimase la consuetudine di protrarre per un triduo la festa in onore di S. Lanno, affinchè ogni anno il 7 maggio si commemorasse il ritorno del Martire nella Chiesa di S. Maria.

Chiesa Romanica di S. Maria - Sec. XI

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