SI GIRA IL PAESE

La caratteristica del nostro Borgo Medioevale, del resto come di tutti i centri storici, è quella di avere le strade principali brevi, strette (Circa 4 o 5 Metri), e caratterizzate da case alte, con gradinate esterne e locali da lavoro ai pianterreni. Le due principali Vie del Centro Storico di Bassanello erano:

- La Via Dritta: Attualmente denominata Via Roma. Questa attraversava il paese vecchio in tutta la sua lunghezza e sfocia nella piazza del Giardino (Attuale Piazza Vittorio Veneto), in asse al Castello, precisamente nel luogo denominato "Il Fresco".

- Via S. Maria: Parte dalla omonima Chiesa per finire nella Piazza del Comune (Ora Piazza della Libertà).

Il sistema viario del centro storico è completato da innumerevoli vicoli che partono trasversalmente dalle due vie principali e si stendono come tentacoli verso i fianchi della rupe su cui sorge il vecchio paese, formando un piccolo labirinto di larghi, piazzette, scalette, porte sempre aperte, finestre imbiancate con calce e tutto sembra intrecciare un dialogo ininterrotto da secoli.

Questi vicoli risultano tortuosi, di ampiezza limitatissima, spesso non superano neanche il metro e, a causa della naturale accidentalità del terreno, caratterizzati da una forte pendenza che permette il rapido defluire delle acque piovane.

Il paese vecchio, all'inizio del secolo, era illuminato da 14 lampioni a petrolio che venivano accesi per tre ore a notte. La manutenzione di questi lampioni era affidata a tale "Tiritofolo", un tipo molto dedito al vino. Più tardi tale appalto venne assegnato ai fratelli Ricci Agostino, Mariano, Enrichetto e Giusto che operavano sotto il comando del padre "Burattone".

Ora iniziamo a girovagare per il paese con il preciso scopo di portare a conoscenza gli usi, costumi, avvenimenti , che hanno caratterizzato un'epoca. Tramite una strettoia ci portiamo al rione "PIAZZA PADELLA" passando dinanzi alle abitazioni che furono di "Zunzi", "Biferone", "Lanno Grosso", "Pisciavino", "I' Porveraro", "Culatino", "La Mice". Sopra l'abitazione del "Porveraro" abitò "Barabba" e poco più avanti "Panzanera". Entriamo quindi nella caratteristica piazzetta denominata "Piazza Padella", e qui, troviamo le case che furono di "Bibì", "Roccarello" e la casa che abitò l'Arciprete Fagiani Don Ferdinando. Proprio in questa ultima abitazione, si verificò un avvenimento che vale la pena ricordare in quanto fece gridare al miracolo.

Verso il 1908/1909 qualcuno, in casa dell'Arciprete, inavvertitamente lasciò di sera una candela accesa, che provocò nel corso della notte un grave incendio. Ben presto le fiamme si propagarono all'intero fabbricato. All'allarme dato con il suono della campana tutta la popolazione accorse e, dopo molte ore, l'incendio fu domato. Tutti gli abitanti della casa erano salvi, ma ben presto si accorsero che fra di loro mancava il bambino Valentino Fabiani di 7/8 anni. I famigliari furono presi immediatamente dalla disperazione e subito iniziarono le ricerche da parte di tutti i presenti. Dopo un pò, il bambino venne ritrovato nudo nell'orto adiacente la casa. Come si trovava in quel luogo, lo spiegò egli stesso: svegliatosi per le grida della gente e per il gran fumo che aveva invaso la sua stanza, senza pensarci due volte, forse spinto anche dalle fiamme che aveva intravisto, aveva scavalcato la finestra e si era gettato nel vuoto non pensando certo di fare un salto di 14 metri. Miracolosamete non aveva riportato nulla di rotto, per questo fatto straordinario si vide l'interessamento del Patrono S. Lanno. Adiacente a questa casa vi era quella che abitò Pietro Moretti, maestro di musica, e sua moglie Innocenza. Scendendo vi era la casa che abitarono i "Momicchio". Famiglia questa di calzolai un pò bisbetici; una loro sorella di nome Potenza andò sposa ad un certo Ciocci, Guardia orestale, e con lui si trasferì a Sezzè; un altro fratello di nome Romeo, fu Cappellano Militare nella guerra del 1915/1918, congedato, diveniva Parroco della Chiesa di S. Salvatore, restando sempre di indole burbera e bisbetica. Poco più in basso, troviamo le case che furono dei "Graffio", dei "Bici", del "Picio" e degli "Scuffia". Sempre sulla piazzetta, da ricordare la casa del vecchio Curato Don Teofrasto, che morì il 12 Ottobre 1918 all'età di 73 anni. Egli convisse con una sua sorella di nome Vittoria e con un fratello di nome Alfonso rimasto vedovo. La casa di Don Teofrasto venne acquistata dalle sorelle Marianna e Concetta, che a quel tempo disponevano di una dscreta somma di denaro, portata in dote dai rispettivi mariti, "Angelello" e Salvatore, che erano da poco tornati dall'America dove erano emigrati anni prima per lavoro.

Vicino, tramite un grande portone e successivo cortile, si poteva accedere alla casa che fu dei "Giacomello", una famiglia che viveva un pò ai margini della società e nella cui abitazione raramente qualche persona era riuscita ad entrare. La loro vita si può definire con un vecchio detto Bassanellese: "Fora e Casa".

Poco distante è la casa che fu di "Giovanni lo Storto", il quale si dice, abbia avuto tre mogli che complessivamente gli regalarono ben 18 figli.

In una piccola traversa denominata "VIA DELLA CORTE", abitarono Antonio e Porfirio "Desiella" e vicino in due ambienti separati, vivevano come animali fra tanta miseria: il "Turchetto" si arrangiava costruendo "Nasse" per la pesca, "Middio" sbarcava il lunario svolgendo qualche lavoro con una muletta. Un mattino vennero trovati entrambi morti.

Proseguendo nel giro, troviamo la casa dei "Paoletti", dove l'anziana e simpatica signora "Lilla" era la guida di una famiglia benestante. Vicino sorge la casa che fu di "Peppe Faticone", un bell'uomo con una inseparabile pipa, che svolgeva con successo diversi lavori artigianali. Questi allevò una bella famiglia di cinque ragazze ed un figlio maschio, che però non dimostrò la stessa volontà del padre nel lavoro.

Più avanti si trovano le case di Leandro e "Sposetto", un tipo quest'ultimo che aveva la mania delle polveri da sparo, infatti, era lui che sparava i "Mortaretti" nelle feste paesane. Poco distante è la casa che fu di "Picetto", una casa di antico stampo, con un ampio cucinone e relativo camino in peperino, enormi travi di legno sostenevano il soffitto. Di questa casa erano famosi i raduni di parentela e la schiera di nipoti poteva sempre trovare un pezzo di pane nella grande "Vettina" di coccio che risultava sempre piena. Questa grande disponibilità di pane era dovuta al fatto che la moglie del Picetto, Palma, faceva la fornara e Lanno, suo marito, la riforniva continuamente di fascine di legna poichè quello era il suo mestiere. Oltre ai parenti, la casa era frequentata anche da tanti amici e, soprattutto d'inverno, con un buon bicchiere di vino, si trascorreva intorno al camino una spensierata ed allegra serata. Fra i tanti frequentatori di questa casa, sono da ricordare: "Giovanni i' Vappo", "Crescentino", Luigi Rusca Brigadiere delle Guardie Forestali, "Paoluccio" i' Canepinese ecc.....

La casa dove abitava Aquilina detta "Blanda", un tempo fu abitata da Federico Fochetti e sua moglie Angelica. Anche qui, si verificò un avvenimento e fece gridare al miracolo. Una notte infatti, il pavimento della camera da letto dove dormiva tutta la famiglia , sprofondò; il marito e qualche figlio finirono al piano inferiore, la moglie Angelica, insieme al figlioletto, nato da pochi giorni, rimase in bilico su una piccola parte di pavimento che non aveva ceduto. Fu tratta in salvo successivamente dai soccoritori, accorsi precipitosamente, con una scala a pioli. Anche in questo caso rimasero tutti illesi. Da ricordare lì vicino, la casa del vecchio "Mustafà", caricatore di cocci, con una grossa "Cuglia" di incomodo.

Nelle piccole e strette vie traverse sono da ricordare le abitazioni dei "Finocchio", i "Pennese", i "Pezzopane", i "Boccuccia", i "Cecco", i "Giacobbe" e "Ciuccetta". Quest'ultima, era una vecchietta grinzosa ed anche un pò bruttina, e nel particolare ambiente di arretratezza del popolo, era vista come una strega. Mentre la "Pezzopane" aveva la completa fiducia della popolazione come asportatrice di "Malocchio". Questa sua fama arrivò anche fuori  delle mura di Bassanello, e molte persone venivano da Giove, Penna... per sottoporsi alle sue arti.

In Via Gentili, troviamo le abitazioni che furono di "Battocchio", "Lucchese", "Panturo", "Peporo", "Scardella", "Emilia i' popo" ed a questo punto sfociamo su un piccolo largo dell'ARCO GENTILI. Qui abitarono le famiglie dei "Bozzona" e quella di Chiara Scardella sposata a Paolo detto "Caino", che morì giovane lasciando ben sei figli. Uno di questi, Simone, emigrò in America e di lui non si ebbero più notizie. Più avanti incontriamo le case che ospitarono "Pajaro", "Marino e Maria", "Totero", Lena ed il Sor Augusto, "Mancinetto", "Bittore", Nicodemo e sua moglie Vittoria, che emigrarono in America e ritornarono dopo pochi anni. Nicodemo era specializzato nel battere la terra ai cocciari, un suo figlio, a nome Loreto, moriva in modo tragico il 27 Aprile 1941, schiacciato da un masso di tufo staccatosi da una parete. Troviamo poi l'abitazione di Loreta e "Burattone" che esercitava l'arte del cocciaro, e nei momenti liberi si divertiva con la caccia alla volpe.

Ancora più avanti incontriamo le case di "Crescentino", "Filomena" e "Zuccona" che era una delle migliori fornare, sposata a Valentino, che per tutta la settimana riforniva la moglie di fascine; la domenica però si rintanava in qualche bettola ed era una sbronza sicura.

Di fronte alla "Zuccona", l'abitazione di "Giggi i' Farghetto" e sua moglie Annamaria che, poveretta, colpita da infermità era costretta a stare sempre a letto. Sottostante vi era la stalla di "Dometilla".

Uscendo da questo largo, passiamo sotto l'arco del palazzo Gentili. Questo palazzo risale al 1500, le sue finestre sono incorniciate da pilastri di peperino, così come il portone, sulla cui sommità è visibile lo stemma di famiglia. Il palazzo era composto da circa 20 vani, più tardi venne diviso in vari appartamenti e venduto a privati. Alcuni di questi appartamenti vennero acquistati dalla famiglia Rossetti, che al principio del secolo li affittò a varie famiglie tra cui quella di tale Guerrini, Maestro Elementare ed a piano terra alla famiglia di "Rosa la Maccarona". Una figlia di Rosa, sposò uno dei Rossetti, Nazzareno, che lavorava a Roma e fu misteriosamente ucciso, si dice, dai suoi compagni di lavoro. Un altro figlio dei Rossetti, "Enrichetto", che svolgeva il lavoro di facchino alla stazione ferroviaria di Roma, morì tragicamente investito da un treno perchè un lembo dei suoi abiti di lavoro, inavvertitamente restò impigliato ad un gancio del treno stesso. Con lo sgretolamento della famiglia Rossetti, il palazzo fu acquistato dalle famiglie Mariani Giovanni e Nicola Tabacchino. Quest'ultimo, con il suo bastoncino e la sua bombetta, era ritenuto l'uomo più aristocratico del paese.

Più in là troviamo un locale di proprietà del Cav. Mariani, adibito a magazzino e garage. Un tempo non molto lontano, questo locale era la Chiesa di S. Angelo, sede della Confraternita della "Misericordia" e per diversi anni parrocchia gestita da Don Tertulliano. Di fronte a questa Chiesa, troviamo l'abitazione del farmacista Scarelli Famiano, che ebbe una numerosa prole, 10 figli. Uno di questi figli fu Generale dell'Arma del Genio ed a suo tempo brevettò un particolare "Ponte Levatoio" assai utile all'Esercito.

Girando a sinistra, arriviamo al rione denominato ARGHETTO.

Incontriamo subito la casa dove abitarono "Nicolicchia" e Silvana, poi quella dei "Mosè" e quella di "Bettina", una vecchietta rimasta vedova dopo pochi anni di matrimonio con un certo Porri Pietro. Era questa una famiglia benestante, ed anche se la loro unione durò poco, riuscirono a mettere al mondo 4 figli maschi: "Bomba", "Giggetto", "Pepe" ed Aureliano e due figlie femmine: "Mimma" che sposò Lano Pace e Natavina che sposò Giovanni la Guardia.

Usciti dal vicolo di Bettina", ci troviamo di fronte alla casa abitata dai "Rosa Mistica" o denominati anche "San Lumino", questa casa, una sera di Dicembre del 1953, sprofondava in un piancito senza danni per nessuno.

Poi troviamo le abitazioni di "Bricitona", "Cardinale", "Saruccia" e la casa di "Bestione", così era soprannominato, per la sua enorme mole Pietro Fuccellara. Il caso volle che nel 1894 un uomo di piccola statura tale Nazzareno di Colombina, innamorato di Rosa, una delle figlie di "Bestione" lasciò 6 figli, e tra questi una bambina di nome Assunta in tenera età. Grazie all'interessamento di qualche pia persona, la bambina ed una sorellina, di nome Enrica, furono affidate all'orfanotrofio di Pompei. Per moltissimi anni di loro non si ebbero più notizie, poi già in età avanzata Assunta, adottata dalla famiglia Biavasco, tornò una sola volta a far visita ai suoi fratelli. Dopodichè di lei si è avuta sol qualche rara notizia per corrispondenza. L'altra sorella Enrica fu rintracciata da Attico Tabacchi, forse per volere della madre "Rosina", nel periodo in cui era Podestà di Bassanello. Enrica era divenuta una Contessa in quanto adottata da una nobile e ricca famiglia Tedesca. Il Conte padre rispose ad Attico che non gradiva affatto contatti che potevano disturbare la serenità della propria figlia. Di fronte alla casa di "Bestione" abbiamo la casa che fu di "Purgatorietto", o "Filomenetto".

Prendendo poi la strada a sinistra incontriamo le abitazioni di "Colombina", "Ceserello", "Gidiarello", e di fronte a queste quella di "Peppenero". Anche questa casa il 27 Luglio 1920, sprofondò e tre figlioli e la mamma, si ritrovarono nella cantina sottostante senza riportare ferite.

Più in la troviamo le famiglie del "Marpenza", "Piciolo", "Pippo i' zoppo", "Frocinco" e Mattaccini.

Di fronte, due grandi locali ad un piano, uno denominato "Il Monte", divenuto poi sede della Scuola di Musica e spesso utilizzato per qualche recita teatrale. L'altro locale ospitava le Scuole Elementari. I nomi di alcuni maestri che hanno insegnato presso questo locale: il Maestro Guerrini, Don Salvatore Scarelli, Don Tertulliano, la Maestra Spineti di Viterbo, il Maestro Foglia Licinio di Corchiano, Rita Ilario di Vignanello e poi Palleschi ed altri ancora.

Fu la mattina del 27 Febbraio 1947, di buon ora che la volta del soffitto crollo, e fu un vero miracolo che il crollo non avvenisse nelle ore di lezione.

Nessuno si incaricò più di risistemare queste aule, e l'Amministrazione Comunale presieduta dal Cav. Mariani, vendette questo locale a Gabriele Chiodi, il quale vi costruì l'attuale fabbricato.

Dietro al "Monte", vi era la Chiesa di S. Sebastiano, che i preti vendettero a Messe Fabiani, il quale da questa Chiesa ricavò due abitazioni ed una cantina. Dietro la chiesetta, si trova un terreno tristemente famoso, scosceso e coltivato a nocchie, di proprietà "Peppenero", denominato "I' Montarozzo". Su questo terreno, al di sotto di un masso tufaceo, si apriva una cantina, che nei momenti critici della Guerra 1940/1945, fu usata come rifugio dai bombardamenti, perchè ritenuta uno dei luoghi più sicuri del paese. Qui in piena ritirata tedesca, nel corso di un bombardamento, avevano trovato riparo, come tante altre volte, una gran quantit di persone. Fu un attimo, un'esplosione, un lampo accecante, tantissimo fumo, grida e puzza di carne bruciata. Storditi dalla fortissima esplosione ed accecati dal fumo, nessuno si rese subito conto di ciò che era avvenuto, mentre salivano fortissime le grida di disperazione e di panico. Man mano che il fumo si diradava la scena che si presentava era tragica, feriti e morti tra cui bambini innocenti che pagavano con la vita, il loro tributo ad una guerra priva di ideali e senza senso.

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Lasciarono per sempre Genitori, Figli, Fratelli, Sorelle ed Amici:

- Maria Palma Paolocci di 33 Anni ed il suo piccolo Dante di 1 Anno.
- Alfonso Paolocci di 58 Anni.
- Lucia Pesci di 11 Anni.
- I Fratellini Pieri Maria e Mario rispettivamente di 16 e 10 Anni.
Marianna Purchiaroni
Annamaria Mariani.
Saturnino Merluzzi.
Leandro Paris.
Lino Mattaccini.
Antonia Tranfa.
Maria Tranfa di Anni 18.
Alessandro Langhi.

Oltre a questa strage, lo stesso bombardamento provocò la morte di altre tre persone fuori dal rifugio:

Marzina Caporali.
Giovanni Fabiani.
Giovanna Pace.

Era il 12 Giugno 1944, un giorno scritto a lettere indelebili nella storia di Bassanello.

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Tornando al nostro giro, antistante la chiesetta, si trovava un piccolo spiazzo circondato da pochissime case occupate da: "Patanaro", "Ciaccagnocchi", "Angelidei", "i Re", e "Castracani". Una vecchia casa e l'orto di "Telefro", sono il limite massimo del paese. Tornando indietro, troviamo l'orto che coltivò per anni Don Paolo, e la casa della Vedova Chiodi, questa fu anche abitata dal Segretario Comunale Ternali, Vicino le case che abitarono "Battuia" e "Cuielli", di fronte ad esse vi era la "Cantina del Paradiso" come ricorda ancora una lapide.

Passando attraverso un arco si accede all'ORTACCIO e ci si trova di fronte ad una grande piazza sterrata. Al principio di questo secolo , tutta l'area della piazza e parte dei terreni periferici, erano adibiti ad orti, di proprietà del Comune. Questo grande orto, era però quasi del tutto abbandonato, e proprio da questo abbandono, derivò la denominazione di "Ortaccio". Sempre nello stesso periodo, persone che erano spesso presenti nella Amministrazione del Comune, approfittando della carica politica, si appropriarono di parte dell'Ortaccio per accorparlo a terreni adiacenti di loro proprietà, lasciando a terreno Comunale solo l'attuale piazza. Le poche case intorno furono di: "Lannicione", dei Porri, dei "Minella" ed una bella cantina fu di "Checcarello".

Superate queste abitazioni, ci troviamo in VIA SAN MARTINO dove i "Vincenzone", il "Conticchio", i "Perello", i "Pregniccolo", i "Peporo" ed i "Vappo" erano gli inquilini che abitarono le pochissime case che compongono questa via.

Fatti pochi passi, arriviamo in VIA CORAZZA, che ospitò per anni: i Bicchierone", i "Zeffirino o Carluccione", "Lanno i' Salaro", i "Bollatrone", "Rosa la piagnona", i "Santona", i "Finestrella", la "Ospedaliera" ed i "Mappetta". In questa via è da ricordare che, il 21 Luglio 1954, crollava un'ala dell'abitazione di Orlandi Ovidio detto "Chicchiolello", e fu un vero miracolo anche questa volta che nessuno si trovasse in casa. Più in là troviamo ancora "Urbano lo Sparatore o i' Pallonaro" ed il "Piommo".

Arriviamo in VIA S. SALVATORE, che inizia con un arco, qui incontriamo le case che furono di: "Dionizia", dei "Cacarella", dei "Tedeo", della "Bambina" di "Annunziarello" e la casa di Agostino e Ninetta Federici di origini Orvietane. Qui troviamo il palazzo dei Chiodi dove per anni vissero le sorelle Checchina e Celeste, quest'ultima una donna veramente generosa con le famiglie bisognose. Morte le due sorelle, il palazzo fu abitato dal Sig. Giuseppe Chiodi e da sua moglie Chiara di Guallo.

Di fronte abitarono "I' Moro" ed al fianco "I' Piotti". In fondo a questa via, proprio sull'angolo destro, troviamo il fabbricato dell'ospedale, una volta di proprietà Celestini che lo lasciò al Comune con l'intento di adibirlo a luogo di cura. Per un certo periodo questo ospedale fu attrezzato e funzionò, sotto la guida del Dott. Bonifazi. L'ultima infermiera fu "Luisetta", denominata "L'ospedaliera". L'ospedale funzionò per pochi anni, poi più tardi il fabbricato venne destinato a recepire parte delle Scuole Elementari, nell'ultima guerra venne utilizzato come abitazione per gli "Sfollati", e successivamente ancora messo a disposizione delle Scuole Elementari. Poi il Comune lo vendette a privati che lo hanno ristrutturato per uso abitazione.

A poca distanza, troviamo due gioielli architettonici del patrimonio artistico di Bassanello, la Chiesa ed il Campanile di S. Salvatore già descritti. Risalendo la strada arriviamo sul "Fresco", cioè la piccola parte della piazza dietro il Castello, così chiamato poichè il sole non vi arriva mai.

Sfiorando la casa di "Stradonico", ci troviamo in VIA DRITTA.

Bassanello/Vasanello - Via Dritta ora Via Roma

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Dopo l'ultima guerra con il cambiamento del regime in Repubblica, anche la toponomastica del paese cambiò ed il nome della Vecchia Via Dritta divenne Via Roma. La prima casa che incontriamo, è l'abitazione che fu di Lanno Pace detto il "Cimiciao", un uomo di una certa cultura, acquisita in seminario, che sfruttava per dominare un pò tutti. Egli era l'ostacolo di qualsiasi iniziativa, e creava continui grattacapi ai signori ed a tutte le Amministrazioni.

All'imbocco di Via Dritta, troviamo la casa che fu di Orazio e Marta, due vecchietti che non ebbero figli e che adottarono una bambina di nome Conforta. Lì vicino abitarono il "Sor Augusto" che vendeva castagne secche, un tipo caratteristico e noto sopratutto per la sua impazienza. Una piccola bottega da calzolaio gestita da "Lanno Scaramella" e siamo alla prima traversa di Via Dritta, Via Don Lepido Libriani, dove mastro Emilio, pur esercitando il mestiere di muratore, la domenica si dedicava alla rasatura di qualche barba, in un piccolo locale malandato vicino alla propria abitazione. E così faceva pure Eugenio "Cuccumanni" il cui mestiere prevalente era quello del cocciaro. Subito ci si trova su un piccolo spiazzo dominato dal palazzo che al principio del secolo fu l'abitazione di Don Paolo Purchiaroni (M. nel 1918 a quasi 80 Anni). In questa piazzetta hanno vissuto: "Bittore", "Cipollone", "Patalocco", "Felicione", "Leone" "Miscolino", "Cappannolo". Ha trovato sede in questa piazza anche una fornace per la cottura dei cocci di proprietà Mecocci. Ritornando sulla Via Dritta troviamo la casa dei "Birollo" e di Peppe Pace, qui tanti anni fa vi fu una gelateria gestita da "Checchino la Mappa", nel periodo in cui il gelato si preparava a mano. Sotto la casa di Pippo e Cesira "Caggetto", funzionava una antica macelleria gestita da Gregorio Purchiaroni prima e da un figlio Lanno successivamente.

Segue poi il palazzo Celestini, Sede Comunale, un magnifico portale in peperino fa da ingresso, ed una ampia rampa di scale conduce ai piani superiori. Alla fine dell'800, l'ultimo piano era occupato dalle suore Carmellenghe di Torino che educavano i bambini dell'Asilo Infantile, altri vani dei piani inferiori, erano adibiti alle Scuole Elementari femminili. Per un certo periodo, le suore vennero allontanate e questi vani vennero adibiti ad abitazioni e furono occupati da "Pasquale o che urto", "Tiritofolo" ed altri. Più tardi torna_ rono le Suore del Preziosissimo Sangue e ripresero possesso dei locali di nuovo messi a disposizione dal Comune per la nuova gestione dell'Asilo Infantile. All'interno del palazzo, vi era una scala a chiocciola che collegava il piano terra all'ultimo piano. Questo palazzo tra scantinati, i due piani e le soffitte conta circa 40 vani. Accanto al palazzo Celestini, la casa che fu di "Filone", poi quella di "Rutilio", che esercitava il mestiere di pizzicarolo in un locale lì vicino e come attività secondaria commerciava anche il vino. Questo uomo ebbe tre mogli ed una ricca prole: dalla prima moglie ebbe: Achille detto "I' Sardino" ed Irene, dalla seconda moglie Beatilde, il celebre Sereno, Alfredo e Maria. Dalla terza ebbe invece Flora e Nuvolo. Quest'ultimo, sposò una nipote di "Bicchierone", ed impose ai propri figli dei nomi alquanto bizzarri come Sereno, Sole e Stella (Una bambina che purtroppo morì in tenera età). Proseguendo arriviamo in Piazza del Comune, che verrà descritta a parte; appena fuori la piazza, sulla destra, troviamo un "Vicolo Cieco" che comprende le case del "Fusto", di "Giovanni i' Ferao" detto anche "Bestione", Pimpinello "Ceccantonio", "La Scopona" e "Gregorietto", secondo marito della "Riccetta". Questa, aveva avuto, dal primo marito, un figlio di nome Vincenzo che nella Guerra del 1915/18, raggiunse il grado di Sergente Maggiore dello Esercito. Al ritorno dalla guerra, venne assunto presso l'Università Agraria come Guardiano dei boschi. Successivamente si iscriveva al Partito Comunista e ben presto ne diveniva Capocellula. Dopo poco tempo fu eletto Sindaco del Paese ed il primo matrimonio che suggellava fu quello di Giocondo Filesi, grande invalido di Guerra, il 31 Ottobre 1921.

In fondo al vicolo il palazzo che fu del Sor Antonio Mariani. Del palazzo si può vedere ancora oggi la facciata perchè sorse dietro i vecchi fabbricati adiacenti. E' senz'altro uno dei palazzi più grandi del paese. Fino a pochi anni fa, era ancora provvisto del pozzo per l'acqua e del forno per la cottura del pane. Il Sor Antonio, era uno degli uomini più ricchi del Paese, fu anche Sindaco di Bassanello e si dice che fu un buon Sindaco anche se un pò severo. Ebbe dalla sua sposa, Sig.ra Checca Ancellotti, ben 11 figli, uno dei quali morì in tenera età e tumulato nella Chiesa della Stella ma ben presto "Rilevato" da quel Salvatore, divenuto poi il celebre "Monsignore". Uscendo dal vicolo, prendendo a destra, troviamo la casa che fu di Telesforo, un uomo presente in quasi tutte le Amministrazioni; era informatore dell'Ufficio del Registro e delle Banche. Vicino la casa di Riccardo Mariani, un tempo questo fabbricato ospitò la Caserma dei Carabinieri, all'interno sono ancora visibili le celle dove venivano rinchiusi i detenuti. Nel 1916 all'Arma fu assegnata una sede più consona in Piazza Umberto I°. Di fronte la casa del vecchio postino Giuliano "Tiriliticchi", un uomo sempre tranquillo, che con la sua somara, percorreva 14 Km. al giorno, andata e ritorno sino ad Orte, per ritirare la posta e poi distribuirla per il Paese.

Partendo da Piazza del Comune, ci incamminiamo per VIA S. MARIA e la prima abitazione che incontriamo è quella dei Mercuri. Questa abitazione è uno dei palazzi più artistici e più antichi del paese. Del primo '400, fu di Sebastiano Mariani, Governatore di Toscana. Il palazzo è rimasto integro nel suo primitivo aspetto; unico cambiamento hanno subito le pareti delle stanze. Originariamente affrescate con scene di caccia e decorazioni floreali, sono state di recente riverniciate. Da uno stemma sopra il portale, si deduce che appartenne anche alla famiglia di Modio. Sappiamo che più tardi passò ad un certo Nicolono morto nel 1888 e seppellito nella Chiesa di S. Antonio. Con la morte di Nicolono, il palazzo divenne proprietà del Sig. Mercuri. Verso la fine dell'800 questi moriva lasciandolo in eredità alla moglie Sig.ra Checca ed ai suoi figli. In questa casa, spesso venivano organizzate dai figli della Sig.ra Checca e da Attilio Maracci, serate danzanti rallegrate dalla Banda Musicale con Valzer e Mazurche. Al principio del secolo scorso però, questa casa improvvisamente divenne la "Casa del Mistero" poichè uno dei figli del Mercuri, Augusto, senza un preciso motivo, andò a rinchiudersi nelle soffitte e là rimaneva per 5 anni senza più avere contatti con il mondo esterno. Addirittura non aveva contatti neanche con i propri famigliari, la madre che provvedeva ai pasti, aveva l'obbligo di lasciarli in una stanza attigua a quella occupata dal carcerato volontario. Quando la madre se ne andava, lui prendeva il cibo e si rinchiudeva ancora per consumarlo. Così era anche per tutti gli altri servizi. Ridatosi poi alla libertà, non si dimostrò più la persona brillante di una volta: era sempre vergognoso in pubblico, freddo con i suoi vecchi amici, sempre titubante in ogni circostanza. Moriva il 12 Agosto 1910 all'età di 40 anni. Nel 1921 la storia del Sor Augusto si ripetè con il fratello Giuseppe, anche lui si rinchiuse in soffitta, anche se per un periodo molto più breve. Anche il Sor Giuseppe morì in giovane età. Più tardi, in età avanzata, moriva anche la Sig.ra Checca. Nel palazzo rimase solo la figlia Cesarina, con la quale venne a convivere, la sorella Marietta insieme ai figli Pietro ed Augusto. Marietta era sposata a tale Paolo Pozzaglia, viveva a Nepi, e venne a vivere con la sorella forse per dissesti finanziari del marito. La Sig.ina Cesarina, non si sa per quali motivi, non tollerava gente in casa. Basti pensare che, quando si faceva il pane, preparato l'impasto, portava la tavola all'interno del portone per non far salire la fornara, e lì doveva essere riconsegnato il pane cotto. Con le amiche d'infanzia scambiava qualche piccola conversazione stando lei in finestra, e le amiche in strada. Moriva a 47 anni, lasciando suo unico erede, con testamento notarile il nipote Pietro Pozzaglia.

Proseguendo nell'itinerario, troviamo la casa che fu dei Mariani e che abitò il loro cocchiere "Agostinetto" e poi la sua sorella maritata a "Checco Proposto".

Più avanti incontriamo la casa del "Popo" e di rimpetto quella della Sig.ra "Betta", che alla sua morte lasciò tutti i suoi averi ai nipoti Mariano e Salvatore Mariani, escludendo tutti gli altri parenti di pari grado.

Vicino abitava "Vincenzo lo Bastardo", che in gioventù dette seri grattacapi alla forza pubblica, ma che in vecchiaia si ritirò in casa passando giornate intere a letto senza curarsi di nulla.

Troviamo poi una casa di proprietà del Comune che abitò per anni, la levatrice "Sora Chiara" e successivamente un'altra levatrice di Bassano. Poi l'abitarono due tipi caratteristici, Sereno e "Nacche". Infine venne acquistata da Ulisse Mariani. Adiacente a questa casa, vi è quella di Fabiani, che era abitata, una parte da Giacinto, denominato "Batende", e l'altra da Don Checco e "Pizzicagnolo". La casa di Don Checco, venne poi acquistata da Vittorio Purchiaroni. Più tardi passava in proprietà parte ad Assunta vedova di Paris e parte a Quintalino di Milanda.

Nelle vicinanze di questa casa, da ricordare anche i fratelli "Argante" abitatori di una soffitta. Poi le case di "Checcarello", di Giovanni Fiaschi, "Codetta", Nena, "Achille i' Sardino", "Felice Mio", "Lanno Cacarefe", "Agostino i' Tortone", "Marisanta", "Trufeo" e "Boccetto".

In una traversa dell'uscetto, si trovava la misteriosa casa dei "Bimeo". Questi si tenevano tappati sempre in casa, uscivano solo per lo stretto necessario, in casa avevano addirittura un forno per la cottura del pane, e sempre in casa allevavano i bossoli dei bachi da seta. Questa casa, passò poi a Luigi Purchiaroni detto "Giggino", che la trasformò in una abitazione più accogliente.

Più avanti la casa dei fratelli Filesi Cipriano e Peppe.

Quindi quella di Angelo Ricci, soprannominato "Pescetelli", e di sua moglie Francesca. Entrambi provenivano da famiglie contadine, iniziarono in quegli anni difficili la macellazione di pecore nei giorni di festa che poi vendevano in piazza. Con l'aiuto di qualche persona, riuscirono ad inserire un proprio figliolo di nome Felice nel Seminario Vescovile di Orte, da cui poi uscì con il diploma da maestro elementare. Insieme al "Pescetelli", conviveva anche un suo fratello denominato "Sirla".

Lì vicino viveva anche un tipo caratteristico denominato "Mangiola", e poi "Ignazio Merdolino", "Peppe Ricotta", "Pietruccio Cardinale" e "Urello".

Ultimo palazzo della via S. Maria è il palazzo Ancellotti. Questo palazzo è diviso in due abitazioni, una è degli eredi Tonino Mariani, l'altra dei fratelli Ancellotti Agar e "Lelle".

Girando a sinistra e costeggiando un vecchio palazzo ci troviamo in PIAZZA DEL GIARDINO.

Bassanello/Vasanello - Monumento ai Caduti e Palazzo dell'Amm. Università Agraria

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Così era chiamata la piazza antistante l'ingresso principale del castello (Attuale Piazza Vittorio Veneto).
Il 6 Maggio 1920, in una giornata freddissima, su questa piazza, precisamente di fronte alla sede della Università Agraria, fu inaugurato il monumento alla memoria dei caduti della guerra del 1915/18. L'innaugurazione fu solenne e vi partecipò la Banda del 57° Fanteria diretta dal Maestro "Pannocchia", Madrina della manifestazione fu Assunta Maracci, vedova e madre di due caduti in guerra: Cipriano, caduto nella guerra d'Africa del 1896 e Giovanni, caduto al fronte il 23 Ottobre del 1915. Successivamente, il monumento fu rimosso e sistemato nell'attuale Parco delle Rimembranze adiacente ai prati. La vecchia Piazza del Giardino, ha cambiato la sua antica fisionomia con l'asfaltatura ed il marciapiedi creatogli intorno.

Una volta la prima casa che si incontrava su questa piazza era di proprietà dei beni del castello, poi la stessa veniva abitata da tale Gesualda, quindi dalle suore e successivamente da vari inquilini; attualmente
è di proprietà della famiglia Purchiaroni/Creta ed i locali al piano terra una volta erano sede del Banco di S. Spirito/Banca di Roma, ed attualmente di una Bar.

Adiacente a questa troviamo la casa che fu della Sig.ra Beatrice, poi passata al "Mellaro" ed oggi ai suoi eredi. Sottostante vi era l'abitazione che fu di Loreta "La Perurella", una delle tante figlie del "Cuculetto". Questa era una famiglia molto numerosa, composta da diverse figlie femmine dotate di una bellezza non indifferente: Peppina, Angeluccia, Vigetta e Natalina. Spesso i loro raduni famigliari, si trasformavano in feste da ballo. Fu durante una di queste serate, in casa di Loreta, che avvenne un fatto di sangue che vale la pena ricordare. Si era in pieno Carnevale, precisamente la sera del 14 Febbraio 1897, quando, dopo aver ballato per un pò, un certo Petrucci Giovanni di Francesco, soprannominato "Turanaso", uscì dalla casa di Loreta senza una precisa ragione. Subito venne seguito da tale Eutizio Petti di 28 anni, il quale reclamava dal Petrucci la somma pattuita di una lira per aver partecipato alla festa. Il Petrucci rispose che avrebbe pagato immediatamente, la discussione degenerò tanto che il Petti estrasse un coltello a serramanico e cominciò a vibrare colpi all'impazzata contro il Petrucci uccidendolo. E' da evidenziare che, il Petti era un pessimo soggetto su cui pendevano molte imputazioni, per questo era molto temuto in paese. Proseguendo il giro della piazza, ci troviamo presso la casa che fu l'abitazione di due tipi caratteristici: Spiridione e suo fratello Archimede. Entrambi erano sposati ma nessuno dei due ebbe figli. Archimede di professione faceva il calzolaio ed era sposato con una certa "Checca", una donna lunatica e bisbetica, contrariamente al marito che era un tipo allegro, bonaccione, spiritoso ed amante del buon vino.

Spiridione era invece sposato con tale Palma Lannaioli e come suo fratello Archimede, era un tipo allegro ma di carattere irascibile. La sera era solito intrattenersi nel piccolo locale dove per hobby esercitava il mestiere di calzolaio. Abitualmente anche molti "Munelli" si divertivano, nello stesso locale, a giocare a carte facendo un pò di gazzarra. Una sera Spiridione, che aveva ingoiato diversi quarti di vino, sonnecchiava e spesso ammoniva i ragazzi a fare meno confusione. Ma era come dirlo al vento e dopo un pò dando un colpo al lume, che andò in frentumi, cominciò a tirare colpi all'impazzata sui "Munelli" gridando: "Oh ! che nebbia !... Oh ! che nebbia !" Questa frase rimase famosa ed ancora oggi, in particolari circostanze, viene ripetuta. Abitò questa casa anche un tale Pesci Egidio pure lui un tipo molto allegro e spiritoso.

Nell'appartamento accanto abitava tale Sante Mariani denominato "Il Cantarino" ed in quello successivo tale "Coscellino" e sua moglie, che non ebbero figli e convivevano con Pippo e Santona. Nella casa che fu degli Ancellotti ultimamente abitò tale Alpinolo detto "Pappaccione".

Una scala esterna immette su un balcone che portava alla casa abitata per tanto tempo dai "Bramatera".
Su questo balcone avvenivano tutte le conferenze ed i comizi legati alle varie circostanze politiche, religiose e pubbliche.

Sotto l'arco di questo balcone abitava "Nina la Marattola", una vecchietta sempre all'erta sulla soglia della porta di casa. Con lei abitava il figlio Nicola, che esercitava la professione di ciabattino ed aveva la sfortuna di avere una gobba che lo costringeva a camminare appoggiato ad un bastone. Era soprannominato "Nicola i' zoppo" ed era un tipo alla buona, sempre disponibile e pronto a partecipare a tutte le iniziative, soprattutto ai comitati organizzatori delle feste locali.

A fianco sorgeva il palazzo che è attualmente sede della Università Agraria e che un tempo faceva parte dei beni dei Principi Sciarra. Questo palazzo era denominato "La Palazzina". Oggi il primo locale a piano terra, che una volta era la sede del Partito Socialista di "Biferone", è attualmente adibito a Bar/Paninoteca. L'altro locale a piano terra, una volta era la bottega artigianale di "Peppe Faticone", durante la guerra del 1915/18 servì come "Spaccio di Annona" ed attualmente è adibito a spaccio di Sali e Tabacchi e Ricevitoria del Lotto.

Gli uffici e sede della U. A. sono al primo piano come pure quelli del Comando Forestale. I locali al secondo piano sono sempre stati disponibili parte come sede di Combattenti, parte ad uso abitazione per famiglie fra le tante quella della Maestra Elementare Aida Gozzuti, poi andata in sposa ad Ilario Maracci. Altre famiglie che abitarono questi locali, furono quelle del Medico Condotto Bonifazi Armando (Che fu anche Presidente dell'U. A.), e quella dell'affittuario dei beni Sciarra, Innocenzo Lucci (Che fu Sindaco di Bassanello).

Adiacente al palazzo dell'U. A. una scala esterna, alla cui sommità si ergevano due colonnine in muratura che sostenevano due bei vasi di terracotta, portava ad una balconata, sempre esterna, ricoperta da una magnifica pergola di uva pregiata.

Le colonnine, i vasi e la pergola sono stati abbattuti nel corso dei lavori di fognatura eseguiti nel 1936. Da questa balconata, si poteva accedere all'abitazione del "Zitello" e di sua moglie Silvestra ed a quella di Florindo. Interna alla balconata, vi era una piccola scala che conduceva alle abitazioni di Sofia, Gerardo e "Righetto i' Segatore", oggi l'intero piano è di proprietà di Pesci Filippo. Sottostante la balconata, vi era la stalla di Florindo e la bottega da cocciaro di "Mario i' Sacrestano". Oggi questi locali sono di proprietà Purchiaroni e sono adibiti a negozio e magazzino. Più in là un vano che fu di proprietà dei "Pietrarello" e che era adibito a stalla, questo passò attraverso vari proprietari che lo destinarono a più usi, ultimi dei quali, negozio di scarpe e successivamente negozio di frutta e verdura.

Le due principali vie del vecchio paese, sono la Via Dritta (Ora Via Roma) e Via S. Maria. Queste due vie parallele partono dalla piazza antistante al castello e sfociano nella più importante piazza del vecchio borgo: PIAZZA DEL COMUNE.

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Fine 1800 - Festa in Piazza del Comune

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Particolare della Foto

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Questa piazza, un vero gioiello artistico, è rinchiusa dai palazzi delle più importanti famiglie vissute nel paese e per anni fu il centro della vita popolare ospitando tutte le più importanti manifestazioni pubbliche, politiche, religiose, folkloristiche. In seguito prese il nome di Piazza XXVIII Ottobre, recentemente e definitivamente è stata denominata Piazza della Libertà.

Anticamente era denominata Piazza del Comune perchè a levante sorgeva il palazzo che ospitava la sede del Municipio, e che oggi è adibito a sede della Biblioteca Comunale intitolata a "Elisabetta Froio". Venne pavimentata nel 1893/1894 con selciatura bianca di travertino e cordonature in lastre di peperino; la disposizione geometrica del disegno ricorda il gioco del filetto. Il materiale per la pavimentazione fu fornito da tale "Pietrarello" Cicogna e nel corso dei lavori di scavo per la preparazione alla selciatura, nella piazza fu trovata una piccola cava di pozzolana che servì al muratore Attilio Maracci per l'esecuzione dell'intero lavoro.

Il Palazzo sede del Municipio non era grande, infatti era composto da soli tre vani, ma si presentava molto bene, con una facciata originale a forma ricurva al centro molto decorativa, un bel cornicione ed una torretta centrale su cui era collocato un vecchio orologio pubblico. Il quadrante di questo orologio era diviso in sole 6 ore, per cui quando la lancetta aveva fatto il giro completo, il numero uno diventava il sette, il numero due l'otto e così via, è evidente che l'ora veniva interpretata con l'intensità della luce del sole.

Nel 1911 il Sindaco Sor Giggi Ancellotti, tramite la Società Fontana di Milano, fece installare un orologio moderno dal quadrante di 12 ore e con numeri romani, dando indietro il vecchio orologio. La popolazione si trovò molto a  disagio nel leggere l'ora, molti inoltre sostenevano che la Ditta Fontana aveva sostituito la vecchia campana che suonava i quarti con una che aveva un timbro più debole, per cui in lontananza non veniva udito.

In occasione delle Feste Nazionali, la Guardia Comunale aveva il compito di illuminare le finestre del Muni_ cipio, poste al primo piano, con dei fanali alla Veneziana e nel centro della facciata, esponeva una stella, simbolo della Italia, che veniva illuminata con delle candele. A piano terra del palazzo, un piccolo locale per moltissimi anni fu sede dell'Ufficio Postale, che poi fu trasferito nel palazzo Celestini, precisamente nell'attuale Ufficio di Polizia Municipale. Il piccolo locale, molti anni dopo, fu messo in vendita con asta pubblica, dall'Amministrazione democristiana presieduta dal Sindaco "Checchino" Mariani. Fu acquistato da Ubaldo Fabiani che lo rese comunicante con il suo cantinone, e successivamente trasformò il tutto, per un certo periodo, in ristorante. Nel 1900, la sede municipale veniva trasferita nel palazzo Celestini, ed i 3 vani della vecchia sede venivano adibiti ad aule per la Scuola Elementare. Alla sinistra del palazzo Comunale, sorge l'immenso palazzo di Modio, del primo '400, che si affaccia sulla piazza, ancora rigorosamente integro nel suo perfetto stile rinascimentale e persino nei suoi antichi torcieri.

Di fronte al palazzo di Modio, troviamo la casa che fu di proprietà del Sig.r Antonio Mariani, sotto la quale, per più di cento anni, in un locale, venne gestita la Farmacia da Famiano Scarelli prima e dai figli poi, ultima la Sig.ra Agnese. Accanto alla Farmacia, un altro locale era adibito a rivendita di Sali e Tabacchi, ed era gestito da Luciano Petrelli e successivamente da Telesforo.

A fianco, vi erano altri locali di proprietà Mariani il cui uso era destinato a stalle, magazzini ed abitazioni che venivano raggiunte tramite una scala esterna; le abitazioni erano occupate da "Checcarello" e "Antonio i' Paino". Accanto a queste abitazioni, e di fronte al palazzo Comunale, sorgeva il palazzo cinquecentesco dei Vespasiani (Attualmente dei Mariani).

Alla fine dell'800, il palazzo era di proprietà dell'Avv. Mario Mariani e di sua moglie Enrichetta Pantanella.
I due avevano una sola figlia, Maria, che sposò un certo Filippo Santovetti di Grottaferrata, un uomo bellissimo e ricchissimo. I due ristrutturarono ed arredarono il palazzo dove vivevano "Checcarello" ed il "Paino", in modo lussuosissimo, sostituirono la pariglia di cavalli per il passeggio con un'automobile, una delle prime auto uscite in Italia. Conducevano entrambi una vita di gran lusso, alla morte dei genitori ereditarono una vera e propria fortuna. In pochissimi anni, questo ingente patrimonio fu dilapidato, come ? Resterà sempre un mistero, forse dissesti finanziari o debiti di gioco, chissà ! E' certo però che finirono in povertà. Tutta la loro proprietà, compreso il meraviglioso palazzetto cinquecentesco, passò ai fratelli Salvatore e Mariano Mariani.

Questo fantastico palazzo, che domina la piazza del comune, fu diviso dai due fratelli, ed ognuno apportò le modifiche che riteneva giuste per le proprie esigenze.-

LA GRANDE PIAZZA

Verso la fine del secolo scorso, per esigenze demografiche, l'aspetto urbanistico di Bassanello subì un necessario cambiamento. Le prime nuove costruzioni sorsero a ridosso delle mura di cinta cittadine senza un preciso piano regolatore. La prima area ad essere occupata fu quella che si estende nella parte occidentale dell'attuale piazza e precisamente dalle vicinanze della Chiesa di S. Maria sino all'imbocco della strada per Vignanello. Su questa area fu costruito l'enorme fabbricato, tuttora esistente, tranne il palazzo di Maracci Ilario che sorse nel 1923. Da evidenziare che quest'ultima costruzione non si intona molto con la stupenda scenografia della piazza in quanto risulta essere troppo vicina alla Chiesa.

Il grande fabbricato che sorge tra il 1885/1890 fu costruito dal maestro muratore "Ceserone", utilizzando anche parte dei sassi ricavati dall'abbattimento del "Muraglione". Quindi quasi per caso, con l'abbattimento del "Muraglione", la costruzione del grande fabbricato di "Ceserone" e con la Chiesa della Stella già esistente da circa 2 secoli, si andava delimitando la superba piazza completata da due perle arftistiche quali l'imponente castello baronale e l'austera facciata della Chiesa di S. Maria. A sud di essa si stende il meraviglioso verde dei prati della Beatissima Vergine divisi dalla stupenda passeggiata, luogo tanto caro a tutti i Bassanellesi, perchè qui vengono vissuti i primi innamoramenti giovanili.

Anticamente questa piazza era denominata Piazza XXVIII Ottobre, poi venne denominata Piazza della Repubblica. Al centro della piazza, precisamente il 26 Agosto 1979 alle 10,40, è stato collocato un palo per l'illuminazione pubblica che non risulta essere in armonia con questo gioiello artistico che ci appartiene e che tutti ci invidiano. Tra il fabbricato di Maracci Ilario e la Chiesa di S. Maria vi è una strada scoscesa denominata "Lo Stretto" che conduceva alla "Fontana Vecchia". Su questa ripida e scomoda via troviamo quello che fu il vecchio mattatoio (Attualmente adibito a cantina e di proprietà di "Bizzarro").

Bassanello - Piazza XVIII Ottobre (Ora Piazza della Repubblica)

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Anticamente, essendo questo un locale molto ampio e dotato di acqua sorgiva, era impiegato come molino ad olio e funzionava con sistemi arcani, basti pensare che le viti dei torchi erano di legno di sorbo. Ne era proprietario un certo Sig,r Enrico ed affittuario tale "Leone". Di fianco al mattatoio per moltissimi anni funzionò anche un pubblico lavatoio.

Tra il fabbricato di Maracci Ilario ed il fabbricato di "Ceserone", vi è un arco che porta alla "Cantinaccia". Così veniva definito un grande vano che una volta serviva da magazzino per attrezzi agricoli del "Monte di Pietà" ed era di proprietà dell'Opera Pia Libriani. Per molti anni servì anche da sede del "Ricreatorio Misciattelli" gestito dalla Comunità Ecclesiastica. Oggi questo locale non è più esistente, l'area è stata venduta all'asta ed acquistata da G. Maria Nieddu che la trasformò in abitazione e vapoforno oggi non più funzionante.

Oltre la "Cantinaccia" dietro il grande fabbricato di "Ceserone" vi era un appezzamento di terreno coltivato da un certo Gabrielletto prima e "Peppe i' Tortore" poi, infine venne acquistato da Bellisario Romani che lo ampliò dotandolo anche di qualche fabbricato. Su una piccola parte di questo terreno circa 40 anni fa fu realizzata una pista da ballo ed un campo di bocce oggi entrambi in disuso.

Alla fine del 1800, nella zona PRATICARE esistevano già alcuni fabbricati come la chiesa di S. Rocco, due molini ad olio di proprietà Mariani e poche altre case come quella dei "Rollo", dei "Cacarella", dei "Campanaccio", la stalla di "Mancinetto" ed addirittura in una grotta viveva con la sua famiglia un certo "Ubaldo".

Nel 1903, in questa zona, precisamente su un terreno adiacente la strada provinciale che porta a Vignanello, il Dott. Bonifazi, medico condotto del paese, iniziò la costruzione di uno stabilimento per la fabbricazione di materiali refrattari e laterizi. Nella zona tufacea prescelta operarono come picchiatori di tufo "Salvatore Tarmato", "Gigi Turchetto", "Mariano Tortorella", "Adelino Binone", "Memmo Tattone" ed altri. Questi operai avevano il compito di scavare grotte per ricavare i tufi che occorrevano per la costruzione del grande "Stabilimento".

Questa opera fortemente voluta dal Dott. Bonifazi, si rivelò imponente per l'epoca e per un paese come il nostro. La costruzione dello Stabilimento richiese tre anni di lavoro e nel 1905 fu finalmente ultimato. L'attività ebbe inizio e con essa una serie interminabile di ostilità e malefatte da parte dell'allora Amministrazione Comunale e di alcuni cittadini abilmente manovrati. Queste continue azioni ignobili, addirittura incendi dolosi, portarono dopo dieci anni di attività alla chiusura definitiva dello "Stabilimento dott. Bonifazi" nonostante la buona qualità dei prodotti e la larga fetta di mercato che era stata conquistata.

Qualcuno potrebbe pensare che lo stabilimento poteva nuocere ai piccoli artigiani di allora, i cosidetti "Cocciari"; questa tesi non va presa in considerazione poichè il Dott. Bonifazi intelligentemente aveva assunto alle sue dipendenze parte dei cocciari e a coloro che invece avevano preferito restare autonomi offrì un contratto, in data 20 Maggio 1908, in cui si faceva obbligo di acquistare a prezzo doppio di mercato tutta la loro produzione di stoviglieria ed altro. A questo contratto, valevole per due anni, aderirono più o meno totalmente 12 cocciari. Il nobile proposito del dott. Bonifazi di qualificare Bassanello commercilizzando i prodotti per cui era famoso fallì miseramente. Durante il periodo di attività dello stabilimento, nella zona "Praticare" continuavano a sorgere case. Fu nel dicembre del 1910 che il sindaco di allora Sig.r Giovanni Mariani, diede incarico all'Ing. Giusto Mariani di procedere con una perizia all'accertamento della abilità dei fabbricati.

Da questa perizia e censimento risultarono oltre a quelle già citate le seguenti abitazioni: Giovanni Maccaferro, Pietro Callanselmo, Puntella, Mellaro, Totoro, Enrico Patanaro, Lanno Strepparelli, Andrea Menghi, Peppe le vigne, Ruzzi Desiderio, Mariano Mecogrosso, Giacinto e Peppe fu Delfino, Nanone, Cesare la Sorda, Antonio Alfonso e Pio, Mustafà  ed altri ancora. Buona parte di queste case furono costruite con sassi ricavati sul posto e con la pozzolana fornita da "Jeppino", il quale aveva avuto la fortuna di trovare una piccola cava sotto il proprio fabbricato.

A seguito della perizia Mariani, il comune applicò ai proprietari dei fabbricati una tassa di 3 soldi (Quindici Centesimi) al metro quadro di superficie occupata, per un introito di L. 152,54 centesimi. Pian piano estendendosi sempre più verso Nord, al posto delle sterpaglie ed impraticabili stradelli sorsero ogni giorno nuove abitazioni con annesse cantine e stalle. La grande espansione della zona richiese una nuova toponomastica e nel 1951 l'allora sindaco Cav. Salvatore Mariani, commissionò alla ditta Orlandi Ovidio 14 targhe in coccio, relative alle vie del nuovo quartiere, i loro nomi erano e sono:

- Via del Taglione - Via dei Quattro Venti - Via Polare - Via del Tunnel - Via del Fosso
- Via Cesare Battisti - Via delle Mole - Via Fontana Vecchia - Via del Grottone - Via Palazzolo
- Via del Ponte - Vicolo del Moro - Vicolo Signoranna - Piazza Trilussa.-

Bassanello - 1957 Abbattimento degli Alberi della "Mossa" o "Passeggiata" (Viale Guglielmo Marconi)

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Bassanello - Il Poggiolo (Casa Mariani)

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